Riesco a camminare
con i piedi per terra
e la testa tra le nuvole.
No, non sono una spilungona
e non sono nemmeno distratta:
vedo tutto, vedo bene
è solo che ho imparato a vedere da lontano.
Con i piedi sento la terra
che pulsa, respira
ne sento gli umori,
ne vivo gli amori.
Con la testa
sento cantare,
respiro pensieri rarefatti,
e li lascio asciugare al vento.
A volte mi capita di cadere.
In quei momenti
i miei pensieri si avvicinano alla terra,
rivivono sensazioni,
cercano spiegazioni
il mio cervello lambicca ricordi.
In quei momenti
smetto di celebrare la vita
e comincio a cerebrarla.
Allora mi fermo,
perché non mi piace;
mi fermo
perché non mi piaccio,
poggio la nuca sulla terra,
alzo le gambe
e guardo i miei piedi toccare le nuvole.
I miei piedi sono lì
a sfiorare le stesse nuvole
che poco prima sfioravano i capelli.
Resto immobile,
e capisco che
devo fare qualche passo così,
a testa in giù
e con i piedi tra le nuvole.
Perché a volte si deve cadere
per capovolgere le prospettive
e per riordinare le aspettative.
Veronica Fortunati